Foto di Li Lin su Unsplash
Hai bisogno di un lavoretto part-time a cui dedicarti mentre stai studiando. Niente di impegnativo, senz’altro non il lavoro della vita. Nel frattempo, però, la vita succede. Quel lavoretto diventa il tuo lavoro per diciotto anni, riempiendo e al tempo stesso svuotando le tue giornate e la tua stessa identità, definendola con precisione eppure rendendola così difficile da capire per chi ti guarda da fuori.
Ho letto La ragazza del conveniente store di Murata Sayaka dopo averne sentito parlare da Ludovica Lugli e Giulia Pilotti nel loro podcast Comodino, durante la puntata dedicata ai romanzi giapponesi. A parte i libri di Murakami, che finora non mi hanno mai deluso, mi sono reso conto di non avere alcuna conoscenza delle storie contemporanee pubblicate in Giappone. Così sto provando a rimediare. Dopo Le ricette della signora Tokue di Durian Sukegawa, di cui ho apprezzato il profumo delle pagine ma che non mi è rimasto del tutto addosso, ho scelto il romanzo di Murata Sayaka perché sentivo che questa storia avrebbe risuonato dentro di me.
Quando si tratta di lavoro, sentirsi incastratə è un’esperienza comune. Le aspettative che si scontrano con la realtà, le delusioni, gli incidenti di percorso, i cambiamenti obbligati, i cambiamenti che non ci sono. Questo romanzo racconta la storia di Furukura Keiko, una donna di trentasei anni che lavora in un konbini, uno di quei negozi in cui si trova di tutto, aperto ventiquattro ore su ventiquattro sette giorni su sette. All’inizio questo lavoro part-time sembrava una soluzione provvisoria, che accomuna la protagonista a tante altre persone che vanno e vengono. Solo che, mentre gli altri passano, lei rimane.
Keiko è una di quelle persone che la società liquida come strane. Non ha una relazione, non ha amicizie, non ha un lavoro vero, sembra non avere alcuna prospettiva al di fuori del konbini. Eppure lei in quel negozio ha tutto ciò di cui ha bisogno, ha regole e abitudini consolidate che rispondono alle sue domande con semplice e disarmante fermezza. Essere una lavoratrice del convenience store le viene decisamente più facile che essere una figlia, una sorella, un’amica e, in generale, una persona nella società. Questo stallo, però, è destinato a essere preso a spallate da un incontro che avviene, guarda un po’, proprio nel konbini.
L’insensatezza asfissiante e la ripetitività raccontate da Murata Sayaka mi hanno ricordato Il deserto dei Tartari. A differenza di Giovanni Drogo, però, nella protagonista di La ragazza del convenience store non c’è l’urgenza, seppur ambigua, ad allontanarsi. Keiko sembra accettare con placida arrendevolezza lo scorrere del tempo e della propria vita. Il pensiero che possa essere uno spreco è tutt’al più il riflesso del pensiero di chi la guarda da fuori e non riesce a capirla.
Questo romanzo, inoltre, riesce a raccontare la società giapponese da un punto di vista straniante, che la mette a nudo. Mentre leggiamo e quando finiamo la storia di Keiko, non sappiamo di fatto chi abbia ragione, chi stia facendo davvero le scelte più sensate. La stessa conclusione si presta a interpretazioni, nel senso che può provocare emozioni differenti a seconda di chi legge. Così, nella sua apparente immobilità, la vicenda della protagonista finisce per lasciarti addosso sensazioni diverse, in cui non si sta del tutto comodə. Come se, mentre non succedeva niente, sia successo tutto, magari anche troppo.
📍 La ragazza del convenience store è pubblicato in Italia da edizioni e/o, tradotto da Gianluca Coci.
📚 Per scambiarci altri consigli di lettura, seguimi su Goodreads.