scrivere tutti i giorni

Scrivere ogni giorno: 2 libri per costruire la tua routine di scrittura

Togliamoci subito il dente: per scrivere è indispensabile avere autodisciplina. Certo, è importante conoscere la grammatica, avere belle idee per narrazioni avvincenti, leggere tanto, saper ascoltare, saper osservare. Tutto giusto, ma senza imporci di scrivere ogni giorno anche l’idea più originale ci servirà a poco.

Non è un caso che autrici e autori celebri abbiano rigide routine di scrittura famose quanto le loro opere. Per questo trovo sempre efficace la metafora “atletica” che paragona la scrittura a un muscolo da allenare ogni giorno. Perché scrivere è un lavoro faticoso, difficile anche per chi lo pratica con successo da anni. La buona notizia è con l’allenamento si può migliorare. Quella meno buona è che nessuno ci controlla se ci alleniamo oppure no, perciò ecco che ritorna l’autodisciplina.

Dato che coltivarla è fondamentale, ti consiglio due letture che per me sono state molto utili. Due libri per riflettere sulle tue abitudini di scrittura e, se necessario, per modificarle.

La prima che ti consiglio è Deep Work, di Cal Newport. Nel caso in cui il titolo non dovesse essere abbastanza chiaro, il sottotitolo è Concentrati al massimo. Quattro regole per ritrovare il focus sulle attività davvero importanti. Cal Newport si occupa da anni del rapporto tra tecnologia e produttività. Alla base di Deep Work c’è l’idea che la capacità di concentrazione profonda oggi sia rara e, proprio per questo, molto richiesta (lui la definisce “moneta sonante”). Secondo Newport, infatti, per avere successo nella nostra economia è necessario avere due capacità: quella di padroneggiare rapidamente competenze tecniche e quella di produrre qualità velocemente. Per entrambe, è cruciale essere in grado concentrarsi in modo profondo, difendendo il proprio lavoro dalle distrazioni.

Nella prima parte del libro, Newport illustra la sua idea e richiama tutti gli studi scientifici che la sostengono, dimostrando i benefici della concentrazione profonda in termini di risultati che si ottengono. Nella seconda, condivide consigli pratici per allenarsi a coltivare questa preziosa capacità. Ben consapevole di quanto il nostro cervello punti sempre a risparmiarci la minima fatica, anche lui ricorre alla metafora del muscolo quando parla della forza di volontà, suggerendo pratiche e “filosofie” per evitare che si esaurisca prima di averci fatto svolgere i compiti. Tra le sue tante indicazioni, ce ne sono due molto utili per chi scrive: creare un rituale e pianificare le distrazioni. La ritualità è fondamentale per circoscrivere la nostra fase di concentrazione profonda. Avere un rituale, quindi, significa stabilire in anticipo:

  • dove lavorare e per quanto tempo
  • come lavorare (ad esempio, decidendo un numero di battute o di parole da scrivere in ogni sessione)
  • come sostenersi (cosa mangiare, cosa bere, che esercizi fisici fare).

Il nostro rituale di scrittura deve essere uno spazio sacro, al riparo da ogni possibile distrazione. Per questo, quando ne tracciamo i confini, Newport suggerisce di prevedere uno spazio da dedicare a ciò che ci distrae (come l’utilizzo di Internet) e di confinarlo lì dentro, per tenerlo sotto controllo e impedire che interferisca con ciò a cui vogliamo dedicarci in profondità.

L’idea di fondo di questa strategia è che l’utilizzo di un servizio che è fonte di distrazioni non riduca di per sé la capacità di concentrazione. È piuttosto il passaggio costante da attività di alto valore e a bassa interferenza di stimoli esterni ad attività di basso valore e molto soggette all’interferenza di stimoli esterni, ogni volta che siamo esposti al minimo cenno di noia o di sfida cognitiva, che insegna alla nostra mente a non tollerare l’assenza di novità.

Newport ha approfondito il tema delle distrazioni digitali in altri due libri che ti consiglio, Minimalismo digitale e Un mondo senza email. Se vuoi ottenere di più dalla tua scrittura, Deep Work è una lettura preziosissima, perché ti invita a osservare le tue abitudini e ti dà gli strumenti per cambiarle. Certo, è necessario molto rigore ma, una volta scoperti i vantaggi che si possono ottenere, la sfida diventa davvero attraente.

L’altro libro che ti consiglio è The Miracle Morning for Writers, di Hal Elrod, Steve Scott e Honoree Corder. Anche il suo sottotitolo è parecchio chiaro: How to Build a Writing Ritual That Increases Your Impact and Your Income (Before 8AM). Si tratta di una specie di spin-off del best-seller The Miracle Morning, dedicato però interamente alla scrittura. La tesi è semplice: se vuoi ottenere risultati “miracolosi” con la tua scrittura, devi renderla un’abitudine mattutina e alzarti un’ora prima.

Perché proprio la mattina? Perché così facendo stabiliamo una priorità, ricaviamo uno spazio nella nostra giornata da dedicare soltanto alle abitudini benefiche come la meditazione, l’esercizio fisico, la lettura e, appunto, la scrittura. Il libro contiene suggerimenti specifici che si trovano anche in altri testi dedicati a scrittura e produttività (consigli sull’editing, sugli obiettivi da porsi, sull’individuazione del lettore ideale ecc…). Ciò che rende The Miracle Morning for Writers interessante è il suo invito a riconsiderare i limiti che ci auto-imponiamo, per convenienza o per pigrizia.

Svegliarsi ogni giorno alle sei e mezza (o prima!) non è affatto una passeggiata. Associando questa abitudine alla scrittura, però, la rendiamo il simbolo del nostro impegno e della nostra voglia di fare sul serio. In questo modo, scrivere diventa il nostro primo appuntamento della giornata, un appuntamento che fissiamo per farci del bene e per fare qualcosa bene (anzi, meglio).

Non è obbligatorio seguire per filo e per segno ciò che ci viene suggerito in questi due libri. Sono anzitutto due inviti a riflettere e a pesare la nostra disponibilità all’impegno. Ciò che conta è considerare la scrittura come un’abitudine quotidiana. Quando impareremo a proteggerla, vorremo anche allenarci a mantenerla.